Madri 2.0

poteva essere, circa, il 1976/77 o, comunque, un anno compreso fra il 1974 e il 1979, periodo corrispondente alla mia scuola elementare.
un giorno mia mamma mi chiese chi mi sarebbe piaciuto avere al suo posto, fra le mamme dei miei amici.
mi ricordo di non aver esitato un secondo e di aver pronunciato i nomi di due sue care amiche sideralmente distanti dal lei... nulla di meno simile a ciò che la natura mi aveva assegnato, ma, d'altra parte, ha poco senso desiderare ciò che già si ha:
maria, casalinga radical chic, elegante, nervosa e dall’eloquio colorito, spesso ai confini del turpiloquio (piuttosto divertente, in realtà, per una bimba la cui mamma non andava mai oltre "sciocco") ed edvige, indiscutibilmente prima in classifica, donna in carriera di rara intelligenza,  arguzia e cultura (in barba agli studi non completati), miniera di aneddoti irresistibili, completamente e irrimediabilmente negata come mamma.
ecco, tutto l'opposto di ciò che avevo: una mamma ovviamente a sua volta intelligente, sensibile e attenta, casalinga dedita a tempo pieno a famiglia e figli, sempre pronta a sfamare orde di bambini che si presentavano a casa nostra, spesso senza preavviso alcuno, che ci accompagnava tutti i giorni al parco vicino casa e non mancava mai una riunione a scuola.

questo era il variegato quadro di mamme di circa 40 anni fa, in cui la mia rappresentava il limite più tradizionale.
da bambina, ero fiera di questa mamma che aveva da dedicarmi tutto il tempo, la pazienza e le attenzioni del mondo.
da adulta, mi rendo conto di quante rinunce abbia dovuto accettare, nonostante non si sia mai lamentata e abbia sempre trovato il modo di farci percepire la cura e la passione che metteva nella sua carriera di madre.

e io? e noi, di questa generazione?
cosa siamo, e cosa desideriamo?
se ripenso alle "mie tre mamme" 1.0, potrei quasi dire di esserne la sintesi imperfetta....
ho un lavoro abbastanza impegnativo e intellettualmente faticoso, che richiede preparazione, aggiornamento, studio, capacità di relazionarsi con clienti problematici e spesso al limite del paranoico, organizzazione di me stessa e del mio tempo, nonché di quello delle persone che lavorano con me.
come quasi tutte le madri mie coetanee, mi catapulto a destra e sinistra per dare almeno l'impressione alle ragazze di riuscire a star loro dietro come si meritano.
ho ereditato da mia mamma il piacere di avere la casa piena di persone, adulti e ragazzi, perché una casa vuota è inutile e triste come un museo senza visitatori.
ho il nervosismo e, talora, ahimè, l'eloquio colorito di maria, senza purtroppo averne l'aura chic e le abitudini mondane.
non ho nulla, temo, della mia prediletta vice mamma putativa edvige, rispetto alla quale sono senz'altro un bel po' più mamma, ma anche un bel po' meno in carriera e un bel po' meno gratificata.

mia mamma ha cercato di insegnarmi che una madre ha sempre tempo per i figli, li ascolta, cerca di capirli, li incoraggia e li consiglia, ma non li soffoca.
praticamente, la perfezione. da quella, sono lontanissima.
me ne pento e me ne dolgo, ma non ce la faccio.

sognavo per me una carriera decisamente diversa (per importanza, ma anche per tipologia) rispetto a quella che ho avuto e che sono stata capace di realizzare.
sogno per le mie figlie una carriera stellare? forse, no; di certo, non per compensare ciò che non è stato per me.
sogno che siano felici, che poi è il sogno di tutte le mamme dai tempi delle caverne, qualunque cosa ciò significhi.
se per loro vorrà dire carriera stellare, andrà bene così; se vorrà dire sfornare bambini e torte, andrà bene lo stesso. se saranno così brave da trovare un equilibrio soddisfacente fra le due cose, meglio ancora.
ho capito, però, come molte, che una carriera stellare, per quelle poche di noi tanto in gamba da averla intrapresa, comporta costi collaterali elevatissimi.
il dilemma di noi madri 2.0, spesso con alta scolarizzazione e - perché no . ambizione, il più delle volte deluse da ciò che abbiamo raccolto dopo anni di fatica, è come dobbiamo comportarci con le nostre figlie.
incoraggiarle a studiare e cercare la loro strada con caparbietà, o confessare loro che non tutto si può fare / avere?
o meglio, non tutto si può fare bene: essere mamma come mia mamma e avere una carriera che si rispetti, è altamente improbabile, se non delegando ampia parte di una cosa o dell'altra.
che, per una come me, equivale a ritrovarsi insoddisfatta su entrambi i fronti.

non confesserò mai quanto sopra alle ragazze, non è compito mio stroncare le loro velleità e i loro sogni sul nascere, di qualunque velleità o sogno si tratti.
ma temo che se ne accorgeranno presto, se già non è successo.
alla fine, credo che sia questo il grande inganno in cui sono incappate le madri 2.0.
abbiamo pensato (o ci hanno fatto credere) di poter arrivare a tutto, e ci ritroviamo dilaniate dal rimpianto e dai sensi di colpa per non riuscire a fare (bene) tutto.
o, almeno, così vivo io: irrisolta, per non riuscire a essere tanto mia mamma, quanto maria, quanto Edvige nella misura e nel modo che vorrei.

cosa desidero per me e, in fondo, anche per loro?

vorrei, ogni tanto, non essere guardata con l'occhiata desolata e al tempo stesso impietosa che si regala a una camicetta di seta appena centrifugata per errore.
perché così mi sento..., così ci sentiamo.
vorrei essere guardata come una persona, fragile e imperfetta, che esiste a prescindere dalle sue ansie, corse, preoccupazioni, trituramenti di scatole, insoddisfazioni.
vorrei che i miei desideri e le mie aspettative deluse fossero riconosciuti come tali, e non che vengano considerati come l'impossibile capriccio di una povera ingenua.
vorrei che fosse chiaro che, per una madre 2.0, non tutto è semplice e scontato, ma costa immane fatica, rinunce, sensi di colpa e di inadeguatezza.
vorrei, insomma, essere guardata e trattata come la suddetta camicetta di seta, non irrimediabilmente strapazzata, ma fresca, gradevole e accuratamente stirata.

così vorrei che fossero, un giorno,  guardate le mie figlie e tutte le madri 3.0.


Commenti

  1. Io ho letto il titolo in un modo diverso. A essere onesta, mi sono domandata quale delle due interpretazioni dovessi dargli, poi ho scelto l'altra. Ma seguo il tuo approccio e rispondo.
    Non ho esperienza di modelli di madri diverse dalla 1.0: mia mamma è e è stata la classica mamma della tradizione padana, torte a parte; lo stesso dicasi delle mie zie. Amiche, mia mamma non ne ha mai avute.
    Io e le mie cugine abbiamo fatto un tentativo più o meno timido di evoluzione verso la versione 2.0: abbiamo studiato (su 5 cugine, 2 laureate, due con studi universitari interrotti e una non mi ricordo...), lavorato (3 lavorano ancora, 2 hanno lasciato per questioni famigliari, e già qui...). Io ho subìto, sia all'università che dopo, se non proprio discriminazioni almeno pressioni legate al mio essere donna in un mondo professionale tradizionalmente molto maschile. Sono sopravvissuta ma ho lasciato, con enormi crisi (e incaaaaaxxature, come tu ben sai): a un ceto punto ho smesso di sgomitare. Ne sono fiera? Ovviamente no. Sto meglio? Ri-ovviamente, no. I sacrifici sono enormi, i sensi di colpa sono costanti, la necessità (per non impazzire, eh...) di reinventarsi una vita, frustrante.
    Come hai detto tu, sogno per mia figlia un mondo pronto ad accogliere le mamme 3.0, quelle per le quali la conciliazione lavoro e famiglia sia scontata e ovvia, perchè nel loro mondo la famiglia sarà considerata un bene fondamentale per la società e come tale sostenuta da politiche efficaci e gestita in modo equo da madri e padri (e figli e figlie... anche i genitori anziani sono oggi sulle spalle delle donne), anche loro evoluti nella loro versione 3.0.

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    1. sull'evoluzione del genere maschile, che dovrebbe essere ovvia, oltre che cosa buona e giusta, nutro purtroppo scarse speranze.
      dopo attento esame, ho deciso di salvare solo un paio di mariti di amiche, tutti gli altri mi pare facciano molta acqua.
      possiamo solo sperare per le ragazze.

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