tabù

 anna si guardò le mani, con attenzione, come se non le avesse mai viste.

mani piccole, pensò per l'ennesima volta, non particolarmente aggraziate. le unghie corte, abbastanza curate, non bastavano a renderle più attraenti o eleganti. in più, aveva quel tremendo vizio di tirarsi le pellicine quando era nervosa, cioè quasi sempre.

non le piacevano, avrebbe desiderato lunghe mani da pianista, dita flessuose e sottili, da valorizzare con anelli anche di dimensioni importanti, che sulle sue dita - invece - le sarebbero apparsi grotteschi.

sospirò, rassegnata anche a quell'ulteriore segnale di mediocrità che tanto detestava.

perché le mani erano importanti: erano la prima cosa che lei cercava con lo sguardo in una persona. Le sembrava che mani belle e curate fossero un rassicurante segnale positivo sul loro proprietario. come potrebbe essere sgradevole o inaffidabile una persona con belle mani?

aveva sempre in mente quando, da piccola, suo nonno giocava a disegnare sulle sue manine: lei, occhi chiusi, doveva indovinare il disegno tracciato dal dito di lui, leggero e preciso. era un momento magico, di grande complicità. da lì, anna aveva maturato e conservato la convinzione che toccare le mani di qualcuno fosse la più alta forma possibile di intimità, nulla di paragonabile ad altre manifestazioni di amore o amicizia.

ecco, si ripeteva, sono deludente anche in questo: chi mai avrebbe desiderio di toccare le mie mani?

le infilò nelle tasche del soprabito, per nasconderle anche a se stessa, e riprese il suo cammino nella strada affollata di mani altrui, tenute ben in vista.