le stanze

 ho appena terminato questo libro



è stato uno squarcio bello su giorni brutti. la piccola lista di libri alla fine di ogni giorno narrato è una fonte di ispirazioni e un regalo aggiuntivo rispetto ad un libro che è già di suo un gran bel regalo.

comunque.

a pagina 172 si parla di stanze, oltre che di annie ernaux, che mi piace parecchio



si parla di stanze in cui si potrebbe suddividere il percorso di una vita. idea interessante.

poi, si potrebbe approfondire se si tratti di stanze messe tutte in fila, una dopo l'altra, come in un corridoio a senso unico che ti consente di andare solo avanti, senza poter tornare nella stanza precedente, oppure se le stanze siano - ad esempio - disposte intorno ad una sorta di disimpegno centrale, che ti consente di saltellare agevolmente dentro e fuori da ciascuna, a piacimento.

il concetto di stanza, nella vita, non mi è nuovo, anche se finora l'ho utilizzato per altri scopi.

quando sento la mancanza insostenibile di alcune persone, tanto da non poter respirare, ma non avendo nessun modo per sperare che possano tornare nella mia vita, le immagino nella stanza accanto.

immagino che siano lì, ma troppo impegnate in qualcosa di troppo importante per avere il tempo di manifestarsi anche solo per un momento. ma mi dico che sono lì, che potrei vederle, se solo volessi entrare a disturbarle... cosa che non farei mai. e, così, si continua.

la mente e il cuore amano le finzioni, a quanto pare, li aiutano a sopravvivere a se stessi e alla vita.

sono io, però, che non le amo. non le ho mai amate, nemmeno quando - consapevolmente - le ho chiamate per nome e ho rotto incantesimi. cosa che mi fa fortemente dubitare della mia capacità di sopravvivenza e del mio amore per me stessa.

Commenti

  1. Ho aspettato un po' a rispondere, di solito lo faccio di getto ma stavolta ho avuto bisogno di riflettere.
    Il concetto di stanza non solo è una novità ma, dopo averci pensato un po' su, posso affermare con sicurezza che mi è proprio estraneo. Ho sempre pensato alla mia vita come a una sequenza di eventi, una linea del tempo lungo la quale le cose passate sfumano e scompaiono in una nebbia sempre più fitta, che nasconde e aiuta a dimenticare. Penso a eventi di trent'anni fa e, guardandoli come si guarda un vecchio film, mi stupisco di averli vissuti. Anzi, peggio: mi stupisco di essere stata quella persona là. Non stanze, separate le une dalle altre, ma un continuum di eventi che sfumano l'uno nell'altro. Il precedente è ragione del successivo e quello che sarò domani è diretta conseguenza di quello che sono e faccio oggi: niente stanze che racchiudano episodi finiti in loro stessi o versioni di me svincolate da altre versioni di me.

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    1. ho aspettato un po' anch'io
      il tempo di rendermi conto della sterilità della mia esistenza.
      non trovo ragione o sequenza evolutiva in ciò che ho fatto. vedo stanze vuote, non sento nemmeno più nessuno in quelle accanto. probabilmente, tutto è sempre stato qualcosa che ho visto e sentito solo io.
      quel che sarò, se sarò, non avrà nessun senso e nessuna dipendenza da ciò che sono stata, perché non era niente.

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