scrivere

non è stato amore a prima vista.
quando ho dovuto iniziare, scrivere per me  era un incubo.
la mia prima maestra, molto celebrata e amata dai genitori, mi sembrava decisamente più simile a una paciosa nonna veneta che a un'insegnante e aveva una capacità di coinvolgimento pari allo zero assoluto.
ha iniziato a farci sperimentare il nostro talento letterario con i famigerati "pensierini", seguiti a ruota dagli altrettanto famigerati "osservo, rifletto e descrivo".
li detestavo con tutta me stessa, tanto i primi quanto i secondi.
e, quando mi ci metto, so detestare parecchio.
scrivere ha cominciato ad appassionarmi alle medie e me ne sono definitivamente invaghita al liceo, grazie a due persone di cui ho già fin troppe volte parlato.
in quegli anni sono riuscita ad intuire quali potenzialità potesse avere la scrittura per me, adolescente timida e introversa, cui la natura aveva deciso di non fornire in dote alcuna abilità espressiva alternativa: sono stonata e del tutto priva di orecchio musicale, non ho doti artistiche pittoriche, non ho la minima grazia e attitudine per la danza, non possiedo la sensibilità e la profondità  emotiva che la recitazione richiede.
scrivere, improvvisamente, mi è apparsa come un'àncora di salvezza.
avevo trovato una strada per esternare i miei pensieri e le mie riflessioni, senza dovermi sottoporre alla tortura di parlare davanti ad adulti di cui avevo ancora soggezione.
la soggezione poi è quasi passata, ahimè, e ha spesso lasciato spazio ad una certa irruenza verbale… per questo - o, meglio, anche per questo - spesso prediligo scrivere anziché parlare.
nella scrittura posso a trovare la varietà del ritmo musicale che non so capire né esprimere, i colori della pittura cui non so dare vita, la grazia armonica della danza che la mia innata goffaggine mi preclude, la possibilità di esprimere quel che ho dentro con l'intensità che desidero e la passione che so di avere,  da qualche parte, senza provare ansia o disagio.
in un impeto di coraggio, potrei perfino fare dello scrivere una forma di recitazione, provando a essere qualcun altro attraverso uno stile che non sia il mio.
ma si capirebbe, temo, e sarebbe peggio che sentirmi davvero recitare o cantare.
scrivere mi obbliga a fermarmi e pensare, ad esercitare la pazienza che non ho; mi dà la possibilità di rivedere quel che mi sia uscito di getto dalla tastiera e di correggerlo; soprattutto, mi porta a confrontarmi con me stessa e a compiere un sovrumano sforzo di onestà intellettuale: mi conosco, quindi riconosco se mi sto mentendo. tanto vale essere spietatamente onesti, allora.
scrivere ferma il tempo, fissa le riflessioni e i sentimenti, dà la misura del cambiamento e della crescita,  è la memoria per quando non si avrà più memoria.
per alcuni è un ripiegarsi su se stessi, per altri la forma suprema di narcisismo, per altri ancora- semplicemente- il momento in cui lasciare da parte tutto il resto e rivelarsi, con umiltà e trasparenza.
solo un sottile foglio bianco, a proteggere il mondo dal rumore dei nostri pensieri. 

Commenti

  1. Scrivere a scuola era un incubo: l'imposizione di tempi limitati e argomenti scelti da altri annichilisce tutto il piacere e lascia solo una fatica sovrumana. Ricordo ancora con orrore titoli tipo "Vita segreta sotto i banchi di scuola" (al liceo) o "Descrivi una bella giornata in campagna" assegnato in prima media a Milano.
    A volte penso che sia solo per un incredibile colpo di fortuna se non sono cresciuta odiando completamente il sapere e la scuola.

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    1. Per mia fortuna, ho avuto insegnanti più fantasiosi e stimolanti, nel momento in cui è stato utile averli.
      Ma le passioni, se ci sono, sono dentro di noi: gli altri possono solo contribuire a risvegliarle.

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