di bambine e di donne

mi hai scritto senza preamboli, due righe semplici e dirette: domenica ci sei?  andiamo a vedere piccole donne?

una decina di minuti dopo, quando ancora non ti avevo risposto, hai aggiunto una stringata spiegazione: figurati se i miei tre energumeni vengono con me... e poi, penso che dovremmo vederlo noi due.

è vero, avevi ragione... me ne ero dimenticata.

avevo dimenticato che da bambine avevamo passato non so quanti pomeriggi insieme a guardare il film (“quello vero”, dice mia mamma) davanti a vassoi di piadine preparate dalla tua nonna romagnola che ti invidiavo come non mai... così tanto più nonna della mia e così incredibilmente instancabile.

poi, terminati film e piadine, correvamo in camera tua e rovesciavamo sul tappeto tutte le masserizie di barbie che possedevamo: le tue e le mie, che ci portavamo dietro ogni volta che una andava dall’altra.

e lì, ricominciavano a vivere le piccole donne, con infinite varianti alla storia e personaggi creati da noi.

solo i nostri ruoli non cambiavano mai: tu eri sempre meg, io ero sempre jo; tu sempre barbie bionda, io sempre barbie bruna (quella hawaiana... non c’entrava nulla con la storia, ma era l’unica bruna in circolazione, e jo doveva essere bruna).

abbiamo guardato il film in silenzio assoluto. non so a cosa stessi pensando tu; io mi sentivo contenta, e ridacchiavo pensando che, alla fine, non avevamo tanto sbagliato assegnandoci quei ruoli nei nostri giochi: tu volevi sempre sposarti, avere una famiglia; io volevo fare qualunque altra cosa... la scrittrice, la pirata, la veterinaria in africa. ma tanto, alla fine, persino la vera jo capitolava.

non abbiamo neppure commentato il film... forse ci sembrava superfluo. quando è arrivato tuo marito ci ha trovate come al solito, immerse in chiacchiere di figli, scuole, famiglia e conoscenze comuni; e neppure lui ha fatto domande.