incipit

"vorrei scrivere un libro che fosse solo un incipit,
che mantenesse per tutta la sua durata la potenzialità dell'inizio,
l'attesa ancora senza oggetto"

i. calvino - se una notte d'inverno un viaggiatore


dal web


quasi tutti lo abbiamo desiderato almeno una volta: sospendere l'attimo dell'inizio, prolungarlo all'infinto e gustarne appieno il sapore di promessa.
la magia dell'attesa per ciò che verrà, che ancora non è e che - quindi - potrebbe essere tutto  non ha eguali.
che poi, è come dire che l'attesa del piacere è essa stessa il piacere.
che, poi, è sempre meglio che niente.
ma, poi, davvero avrebbe senso esaurire la vita (o un libro) in un coito interrotto o, peggio ancora, in un eterno preliminare?
bello, eh... per carità.
ma poi...?
già mi sento soffocare all'idea di questo eterno attimo che non arriva a compimento... come una promessa mancata e svuotata di ogni suo significato.

mi hai detto, tempo fa: vorrei che durasse in eterno questo mattino, perché "è notte il primo attimo dopo mezzogiorno" (j. donne- lezione sull'ombra).
che meraviglia, ho pensato.
ma, poi, immersa in cotanta meraviglia, ho pensato ancora. io ne ho bisogno...ho bisogno che il mattino corra il rischio di diventare pomeriggio che racchiuda in sé, ancora, la favolosa potenzialità di un tramonto e, magari non proprio subito, anche quella di una sera.
ne ho bisogno perché l'imperfezione del compimento, quando significa vivere, mi piace.
ne ho bisogno, perché mettere in atto la potenzialità significa raccogliere la sfida di realizzare una promessa e desiderare vincerla.

a meno che, la potenzialità non racchiuda in sé alcuna promessa... solo potenzialità.
ma, allora, forse, poco mi affascina.

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