sei certa di esistere?

quando una persona esiste davvero?
cioè... vorrei dire: quando una persona può avere la certezza, o per lo meno la fondata sensazione, di avere una propria identità che ne attesti l'esistenza, indipendentemente da quanto la circonda o da quanto di esterno a lei la definisce?
mi sono incartata già alla terza o quarta riga, questo post nasce male...
riprovo.
nessuno è un'isola, e questo va bene.
siamo ciò che siamo grazie anche (o soprattutto) all'ambiente in cui viviamo, alle persone che frequentiamo, al lavoro che facciamo e così via.
ma: esiste qualcosa che ci permetta di autodefinirci? di percepirci come esseri completi o quasi senza bisogno di ausilio esterno?
non so perché mi sto ficcando in questo guaio, ma ci sono dentro fino al collo.
la mia esistenza, come quella della stragrande maggioranza delle persone, è stata definita, precisata, arricchita o magari anche condizionata da ciò che sono stata in rapporto ad altri: figlia per i miei genitori, madre per le mie figlie, amica per gli amici, compagna per chi talora, di quando in quando, mi è stato accanto, sorella per mio fratello, collega sul lavoro, eccetera.

ma IO, esisto?

se mi spogliassi di tutti questi accessori, di me cosa resterebbe?
mi guardo, e non vedo nulla di che.
mi immagino in piedi da sola, in mezzo a un grande nulla. e mi chiedo cosa vedo.
so perché mi faccio queste c...o di domandine... perché le ragazze crescono, tanto e velocemente. e io so che in un battito di ciglia saranno fuori casa (già, con la testa, è più il tempo dell'assenza di quello della presenza). e io impazzisco al pensiero che di me non resti nulla, nulla che abbia senso una volta che non sarò più definibile in rapporto a loro, che sono state l'unico ambito di definizione di cui mi sia veramente importato qualcosa in tutto questo tempo.
riappropriarmi di me stessa, se mai sono esistita, sarà una delle prove più complicate che dovrò affrontare nei prossimi anni. e non so se ne sarò capace.
forse è solo una gran presunzione, pensare di possedere un’essenza "a prescindere"... forse non esiste per nessuno.
ma io devo trovare, almeno, qualcosa che le somigli.

Commenti

  1. Due cose.
    La prima: così come tu (e io, e tutti) ti senti definita in rapporto agli altri (madre di... figlia di...), quegli stessi altri vengono definiti, esattamente nello stesso modo e momento, IN RAPPORTO A TE; un po' come ogni Paese viene identificato dai confini con i Paesi adiacenti, che lo delimitano e lo definiscono in una specie di gioco di sottrazione. Così, mentre l'Italia è definita come non-Francia sul confine di Ventimiglia, allo stesso modo la Francia è non-Italia allo stesso confine.
    Il punto è che è proprio questo intreccio di relazioni che ci permette di costruire e comprendere la nostra identità. In assenza di "compressioni" dall'esterno, un palloncino pieno d'aria esplode, perdendo la sua identità di palloncino. (Questo, detto per inciso, è quello che sta succedendo a me...)
    La seconda: pragmaticamente, non credere che la loro crescita e la conseguente diminuzione del "bisogno di mamma" ti rendera meno "mamma di...". Negli ultimi 18 anni hai vissuto svariati cambiamenti di ruolo, i prossimi non saranno niente di diverso da quelli passati: solo un cambiamento, non un annullamento.
    Una nota a margine.
    Quando mi ritrovo rannicchiata sulla mia poltrona gialla a pensare alle svariate attività che potrebbero riempire le mie inutili giornate, non riuscendo a trovare niente che sia, non dico appassionante, ma neppure minimamente interessante, mi riferisco a quello che tu hai descritto qui: il tentativo, per me infruttuoso, di ridefinire me stessa "a prescindere" o almeno nell'ambito di nuove reti di relazioni.

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    1. non dubito che anche gli altri si sentano in qualche misura definiti in rapporto a me o ad altre persone o situazioni. ma, magari, per loro va bene così, o semplicemente non si pongono il problema, o se lo pongono ma non hanno voglia/ possibilità / capacità di trovare una soluzione diversa.
      ovviamente la crescita delle mie figlie non cancellerà il mio essere qualcosa in rapporto a loro. almeno, lo spero.
      sto solo dicendo che avverto, in modo sempre più evidente , e con un senso di profondo disagio, la necessità di dimostrare a me stessa di poter essere qualcosa a prescindere.
      e il problema è con me stessa, non con gli altri. agli altri non credo interessi nulla di come mi sento o di cosa faccio, se non in rapporto a loro.

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    2. Gli altri, nella stragrande maggioranza dei casi, non si pongono il problema, nel senso che proprio non ne percepiscono l'esistenza.
      Essere qualcosa "a prescindere" è possibile? Provo a spiegare a me stessa la questione con un esempio (così magari capisco anch'io cosa ne penso...).
      Mettiamo che io abbia scritto un libro; questo basterebbe definire me stessa una scrittrice? Mah, a questa stregua, io sarei una pasticciera, una fotografa e un'insegnante di italiano lingua seconda. Pubblicarlo o non pubblicarlo cambierebbe la percezione che ho di me stessa? Forse sì: l'esistenza di lettori potrebbe fare di me una scrittrice. Quindi il punto, secondo me e per me, è "semplicemente" trovare una rete di relazioni aggiuntive che mi permetta di definire una mia nuova identità in rapporto ad essa. Questo vale per me, non necessariamente per te o per chiunque altro. In definitiva credo che per come sono fatta io, essere qualcosa "a prescindere" abbia come conseguenza l'esplosione del palloncino. Infatti sto esplodendo
      Ho scritto a braccio e di getto, spero che si capisca qualcosa...

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