At least, I have...

Quando le ore di conversazione in inglese con la ragazza madrelingua da cui vado da qualche tempo diventano, oltre che ore di lezione di inglese, anche ore di "psicoterapia" a beneficio di entrambe, capisci  che davvero puoi sempre imparare qualcosa da chiunque.
Anche da una ragazzina esile e bionda come una Barbie, che potrebbe essere tua figlia e che spesso si rivela di una maturità sorprendente.
Così, l'altro giorno mi raccontava con infinito candore il gioco che fa nei momenti di tristezza profonda, quando si sente (comprensibilmente) sola o scontenta o anche preoccupata che qualcosa non vada bene.
Si tratta di un trucco appreso da uno (non ricorda più quale) dei libri di Bridget Jones, la quale pare che raccomandi questa pratica nei momenti di sconforto.
Il tutto è in realtà piuttosto semplice e banale, ma occorre pensarci.
Si deve solo compilare un bell'elenco intitolato "at least I have", seguito da quante più voci possibili.
Lo si rilegge più volte, fino a convincersi di avere anche il superfluo in quantità superiori al consentito.
E tutto riparte.

Ora compilo il mio elenco, anche se non sono in un momento in cui ne avrei bisogno.
Ma è un po' come fare provviste per l'inverno... ha un che di caldo e rassicurante. Quindi non può essere sbagliato.

At least I have:
  • una vita sana e serena
  • due figlie sane (nel corpo e nello spirito) e, spero, serene
  • un lavoro
  • una famiglia sana e solida alle spalle
  • amiche, tante, variegate e presenti, pronte - ognuna a modo suo- ad assecondarmi nelle mie intemperanze
  • una casa, in un paese denso di bellezze, che vive in pace e riesce a sopravvivere alla follia dei suoi abitanti
  • l'inestimabile fortuna di potermi concedere sporadiche coccole, facendo ogni tanto ciò che mi piace  e mi fa stare bene
  • la voglia di vivere il momento che sta arrivando, e la speranza di poter guardare appena più lontano
  • una persona speciale, che compare solo a metà elenco perché voglio confondere il destino, prima che si renda conto di avermi fatto un regalo
  • la forza di reggere gli urti della vita
  • due figlie, ancora, che mi obbligano a fermarmi, guardarle e mettermi in discussione anche quando sono convinta di avere ragione
  • la capacità di stare da sola, se necessario, e non solo se necessario
  • una chiara visione di tutti i miei difetti, anche i peggiori, ma temo di essermi affezionata anche a loro
  • un certo disinteresse per i beni materiali e una sviscerata passione per tutto ciò che non si può comprare e non mi può essere sottratto
  • la consapevolezza di dover rimanere ancora un po', ma forse non molto, e poi si vedrà
  • la speranza di vedere come sarà la vita delle mie figlie e di riuscire a rimanerne fuori il più possibile
  • un'insegnante di inglese di 24 anni, che mi guarda sorridendo e mi ricorda che se qualcosa non accade vuol dire che non era scritto, perché di scritto c'è per forza qualcosa di più bello.


Commenti

  1. Ecco, etichettare questo post "frivolezze" mi pare, come dire... una frivolezza.

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    1. Preferisco non prendermi sul serio neppure nei giochi... sempre per cercare di confondere il destino.

      Le notifiche comunque non funzionano più. Amen.

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  2. È sempre utile partire dal positivo ed è anche giusto. Chissà perché la tendenza è in genere quella di sottoilineare ciò che non va, in tutto, dalla politica alla vita quotidiana. Quando ero giovane insegnante, ho avuto una grande maestra professionale e di vita, una Presidente di commissione alla Maturità che, durante la correzione e i colloqui, invitava ogni volta a valorizzare il positivo perché «c'è sempre», parole sue che ho fatto mie.
    Un abbraccio Chiara e buona estate.

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    1. Vero, è giusto e utile.
      Ma, chissà perché, vedere il negativo è tanto più facile.
      Forse qualche volta è anche una forma (sciocca) di scaramanzia...
      Un abbraccio a te, cara Primula, buona estate!

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