Cara mamma ti scrivo. E ti abbraccio

Non perché io sia specialmente qualificata per farlo, ma perché almeno - come quasi tutte - so di cosa parli.

Nella mia mini rassegna stampa del mattino oggi mi sono imbattuta nella tua lettera


A seguire, trovo anche questa perla


A tutti voi l'ardua sentenza su chi debba considerarsi "fallita", se mai sia corretto usare questo termine.

Cara mamma, che ti strapazzi e ti danni ogni giorno per fare bene (o quantomeno al meglio) tutto quello che tocca in sorte ad una donna, tu non sei una fallita, sei umana.
Come tutte noi, che ci sentiamo vittime di un cinico gioco del destino.
Spesso siamo più brave a scuola di tanti nostri colleghi maschi, spesso abbiamo più entusiasmi ed  aspirazioni, che vengono puntualmente incoraggiate dai nostri inorgogliti genitori.
Nessuno che ci abbia mai detto che tutto il nostro studiare e impegnarci con caparbietà sul lavoro si sarebbe poi inevitabilmente scontrato con il quadretto da Mulino Bianco che tutti da noi si aspettano, a cominciare dai mariti.

Mi ricordo perfettamente cosa successe dopo pochi mesi dal mio matrimonio e conseguente trasferimento da Milano a dove vivo ora, essendo però rimasta a lavorare come avvocato nello studio di Milano dove stavo prima.
Il mio pur splendido marito iniziò presto a non digerire i miei rientri al pelo per l'ora di cena o anche più tardi, le cene non proprio da chef stellato (vuoi per inesperienza vuoi per mancanza di tempo) e la mia stanchezza.

Quindi, per amor di pace e di prospettiva di vita da mamma, non potendo quasi contare su aiuti e non potendomi spennare per pagare tate, mi sono trasferita anche con il lavoro.
Con tutte le maledizioni che ancora oggi mi tiro per aver compiuto una scelta tanto kamikaze, che comunque non ha eliminato le difficoltà legate alla gestione di due figlie praticamente da sola.

Cara mamma, forse il magico avvocato (donna, per di più) da 236.000 euro non ha mai provato tutte queste cose; o forse sì... il che sarebbe ancora peggio.

Commenti

  1. Ciao Chiara, viviamo in una Paese nel quale la corte di appello di Venezia dice che «Non rientra nell’ordine naturale delle cose che il lavoro domestico venga svolto da un uomo» (http://www.ilgiornale.it/news/cronache/anche-marito-infortunato-va-risarcito-mancato-lavoro-1068863.html)

    Siamo ancora al punti che una donna che lavora fuori casa dalle 9 alle 17 dice garrula di essere fortunata perchè suo marito "l'aiuta".
    L'aiuta? Evidentemente anche per noi "l'ordine naturale" non prevede che gli uomini lavorino in casa.
    La casa e la famiglia sono completamente sulle nostre spalle, e facciamo finta che vada bene se lei è casalinga (andrà bene per il carico di lavoro fisico, ma per le responsabilità? e per l'educazione dei figli?) ma diventa una forma di "riduzione in schiavitù" in caso contrario.

    Detto questo, non è fallimento il non riuscire a fare cose impossibili.

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    1. Mi auguro che questa mamma lo capisca, passato l'inevitabile sconforto e smaltita la delusione. Non vale mai la pena macerarsi su ciò che è stato o non è stato.

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  2. Ciao Chiara, eccomi sono Elena di Accendilavita. Ora ti seguo qui! un bacio

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    1. Ciao Elena! Grazie per essere arrivata qui 😉 a presto, un abbraccio. Chiara

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